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Bambini in un bairro di Luanda |
La caduta del prezzo del petrolio si è abbattuta anche
sull’Angola con la forza di un macigno, essendo questo un Paese la cui economia
è basata sulla sua estrazione e vendita.
Prima conseguenza annunciata dall’esecutivo locale è la
revisione dell’OGE (Orcamento Geral do Estado), ovvero la finanziaria per il
2015, anche se il Ministro delle Finanze angolano, ha annunciato a tutta pagina sul
Jornal de Angola che “il settore sociale continuerà a dominare la finanziaria,
rappresentando un terzo delle spese totali previste per l’anno in corso”.
In breve il governo ha rassicurato la popolazione sulla
continuità nello sviluppo e nell’investimento nei settori della Salute,
dell’Educazione, dell’Assistenza sociale oltre che agli organi che si occupano
di difesa e sicurezza.
Ma vediamo cosa ne pensa il rappresentante locale del Fondo
Monetario Internazionale, Nicholas
Staines, per il quale l’Angola, al contrario di quanto si crede in Europa, in
Portogallo in particolare, “non è un paese ricco”. “L’Angola – afferma Staines
– è piuttosto un ‘post-conflict country’ (la guerra civile qua è finita solo 13
anni fa) che sta rapidamente esaurendo le sue riserve di petrolio” (per lo meno
quelle ad oggi conosciute!).
Di certo l’Angola, come gli altri paesi produttori di
petrolio, sta soffrendo la concatenazione di eventi che ha spinto in basso il
prezzo delle materie prime:
la caduta nella domanda a livello globale dovuta ai
bassi tassi di crescita di questi ultimi anni;
la crescita nell’offerta di
petrolio causata dall’espansione della produzione statunitense e un ciclo di
tensioni geopolitiche che hanno influenzato i prezzi dei carburanti.
Abbiamo
visto come, in poco tempo, il prezzo del petrolio al barile è sceso a 45
dollari e la non rosea previsione del Fondo Monetario Internazionale è che nel
2015 possa risalire a 60 dollari al barile mentre nel medio termine possa
arrivare al massimo a 75/80 dollari al barile, dunque ben lontana dagli oltre
100 degli ultimi tempi.
In Angola, secondo quanto esposto dal direttore dell’IMF a
Luanda, lo shock causato dalla caduta del prezzo del petrolio sarà soprattutto
uno shock per quanto riguarda l’equilibrio macroeconomico esterno del paese. Ovvero
è in corso in Angola una caduta negli introiti esterni per il 2015 di circa 27
miliardi di dollari.
Ma l’Angola, secondo Staines, sta vivendo anche uno shock
fiscale causato dai minori ricavi del petrolio e dai vincoli finanziari “ci
sarà un calo nel bilancio 2015 da entrate petrolifere di circa 17 miliardi di
dollari”.
Le opzioni per salvare il paese dal baratro, sempre secondo Nicholas
Staines, sono poche: le riserve dovute alle esportazioni possono e anzi
“dovrebbero”, sottolinea l’esperto, essere usate per “ammorbidire” gli
aggiustamenti fiscali e monetari necessari, ma questo solo nel breve periodo,
poi il Paese dovrà attuare politiche di tagli alle importazioni, tagli alla spesa pubblica, di rialzo delle tasse, di eliminazione dei sussidi ai carburanti e
soprattutto di diversificazione dell’economia.