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giovedì 5 marzo 2015

Kala-Kala floricultural project: a flower for a new life!


 Angolan youngsters from the Kala-kala Shelter Home for underprivileged children have just started a business which can give them the chance to be self-handled from now on and to have a new aim in their lives.


They are growing plants and flowers in the most respectful way for them and for the environment as part of a floricultural project enhanced by a group of italian and brazilian farmers.

All these youngsters, almost 90 guys age between 17 and 24, before arriving in Kala-Kala were sheltered in the Salesians fathers homes



for street children of Luanda where they stayed at least for two or three years under the supervision of angolan educators.


Thanks to these project they now harvest plants and flowers that are sold for very good price and delivered at home!





For info call Mr Agostinho 923839966 








sabato 14 febbraio 2015

L'Angola e la caduta del prezzo del petrolio



Bambini in un bairro di Luanda


La caduta del prezzo del petrolio si è abbattuta anche sull’Angola con la forza di un macigno, essendo questo un Paese la cui economia è basata sulla sua estrazione e vendita.

Prima conseguenza annunciata dall’esecutivo locale è la revisione dell’OGE (Orcamento Geral do Estado), ovvero la finanziaria per il 2015, anche se il Ministro delle Finanze angolano, ha annunciato a tutta pagina sul Jornal de Angola che “il settore sociale continuerà a dominare la finanziaria, rappresentando un terzo delle spese totali previste per l’anno in corso”.

In breve il governo ha rassicurato la popolazione sulla continuità nello sviluppo e nell’investimento nei settori della Salute, dell’Educazione, dell’Assistenza sociale oltre che agli organi che si occupano di difesa e sicurezza.

Ma vediamo cosa ne pensa il rappresentante locale del Fondo Monetario Internazionale,  Nicholas Staines, per il quale l’Angola, al contrario di quanto si crede in Europa, in Portogallo in particolare, “non è un paese ricco”. “L’Angola – afferma Staines – è piuttosto un ‘post-conflict country’ (la guerra civile qua è finita solo 13 anni fa) che sta rapidamente esaurendo le sue riserve di petrolio” (per lo meno quelle ad oggi conosciute!).

Di certo l’Angola, come gli altri paesi produttori di petrolio, sta soffrendo la concatenazione di eventi che ha spinto in basso il prezzo delle materie prime: 
la caduta nella domanda a livello globale dovuta ai bassi tassi di crescita di questi ultimi anni; 
la crescita nell’offerta di petrolio causata dall’espansione della produzione statunitense e un ciclo di tensioni geopolitiche che hanno influenzato i prezzi dei carburanti. 

Abbiamo visto come, in poco tempo, il prezzo del petrolio al barile è sceso a 45 dollari e la non rosea previsione del Fondo Monetario Internazionale è che nel 2015 possa risalire a 60 dollari al barile mentre nel medio termine possa arrivare al massimo a 75/80 dollari al barile, dunque ben lontana dagli oltre 100 degli ultimi tempi.

In Angola, secondo quanto esposto dal direttore dell’IMF a Luanda, lo shock causato dalla caduta del prezzo del petrolio sarà soprattutto uno shock per quanto riguarda l’equilibrio macroeconomico esterno del paese. Ovvero è in corso in Angola una caduta negli introiti esterni per il 2015 di circa 27 miliardi di dollari.

Ma l’Angola, secondo Staines, sta vivendo anche uno shock fiscale causato dai minori ricavi del petrolio e dai vincoli finanziari “ci sarà un calo nel bilancio 2015 da entrate petrolifere di circa 17 miliardi di dollari”.

Le opzioni per salvare il paese dal baratro, sempre secondo Nicholas Staines, sono poche: le riserve dovute alle esportazioni possono e anzi “dovrebbero”, sottolinea l’esperto, essere usate per “ammorbidire” gli aggiustamenti fiscali e monetari necessari, ma questo solo nel breve periodo, poi il Paese dovrà attuare politiche di tagli alle importazioni, tagli alla spesa pubblica, di rialzo delle tasse, di eliminazione dei sussidi ai carburanti e soprattutto di diversificazione dell’economia.


lunedì 7 aprile 2014

Dove, se non a Cape Town?



Città del Capo non è solo una città, è un evento meteorologico, una pellicola in movimento, un luogo attraversato da luci, nubi, correnti, profumi.

E' fatta di cielo, di mare e di terra. Colpisce prima ancora della vista l'olfatto. Arriva subito un odore di bagnato, alleggerito da una folata di brezza marina che sa di sale, apre le narici, per poi far chiudere il primo respiro sudafricano con una punta di muschio, di terra, di abeti e pini. 


Questa appartenenza di una città all'acqua e alla montagna ne fa un luogo privilegiato. Solo poche città al mondo, una fra queste Rio de Janeiro, hanno la capacità di integrarsi così tanto con la natura e con i fenomeni meteorologici. 

Aree urbanizzate dove pulsa l'afflato della foresta, il suono del vento, gli odori della natura, la brezza del mare. Dove finisce la città e inizia la campagna? 

La verticalità dei centri urbani qui si confonde e lo sguardo si perde fra le facciate dei palazzi e le pareti a picco della Table Montain o del Lion Head e di Signal Hill. 



I diversi, innumerevoli punti di osservazione che dominano sulla città danno il senso di una spazialità pittorica, immaginata, irreale e invece è lì, declinata in mille traiettorie a riempire lo sguardo, l'anima e ancora una volta le narici, giù fino ai polmoni, di vita, fatta di mare e montagna, pioggia e vento, ombre e luci, con improvvisi raggi di sole pronti a colpire ora un punto ora un altro, e allora si pensa al regista che muove questo immenso, inverosimile, scenario!


Dove al mondo cammini e incontri uomini, donne, bambini, ma insieme e nello stesso giorno, anche pinguini, foche, babbuini, talpe, tassi, antilopi, falchi, delfini, balene, tartarughe di terra e di mare, anatre in formazione, fiori carnosi e farfalle multicolori?


Dove al mondo cammini e ti senti così a Sud di tutto, così lontano e così altrove come non avresti mai immaginato? 

Dove al mondo se non a Cape Town o a Rio de Janeiro puoi sentirti tanto piccolo e tanto connesso, non con il web per una volta, ma con il mondo intero, con quell'oceano-mare che alza onde e muove correnti dentro ognuno di noi? Dove?

giovedì 6 giugno 2013

JOSE' EDUARDO DOS SANTOS: intervista in esclusiva dopo 22 anni

Il presidente angolano durante l'intervista rilasciata alla SIC

Dopo più di vent' anni, il presidente angolano rompe il silenzio, e rilascia alla TV portoghese SIC, nel corso del Jornal da Noite delle 20 locali, l'intervista che mancava, "la grande intervista". 

Josè Eudardo Dos Santos, uno degli uomini più potenti del mondo, ha raccontato in esclusiva a Henrique Cymerman i rapporti con Portogallo, Brasile, Cina, gli investimenti angolani all'estero, i semi della guerra e della pace, la ricostruzione, le diseguaglianze sociali. In quaranta minuti di intervista ben preparata e dai toni pacati e distesi il presidente Dos Santos ha delineato il passato e il futuro dell'Angola. 

Il giornalista della SIC Henrique Cymerman durante l'intervista

A 11 anni dal cessate il fuoco l'Angola descritta da JES è un paese in ricostruzione che cresce dell'8% l'anno. Un Paese che ha buone relazioni con tante nazioni. 

Parla di Israele, il presidente affermando che le relazioni che ha con l'Angola sono eccellenti e basate sulle grandi opportunità di affari legate ai settori della difesa, della sicurezza, della formazione del personale dei corpi di polizia. 

In quanto al Brasile, Eduardo fa affondare le radici delle buone relazioni con il paese sudamericano nel passato storico e nella comune lingua. "Dal Brasile - spiega -  sono venute grandi imprese di costruzione, energia, trasporto, parliamo la stessa lingua, abbiamo avuto lo stesso colonizzatore, dall'Angola sono partiti verso il Brasile molti schiavi che hanno contribuito a formare la nazione brasiliana". 

L' amicizia col Brasile, continua il capo di stato angolano, ha portato imprese forti come la Odebrecht, che dai tempi della guerra hanno dato grande apporto alla ricostruzione agendo nelle aree dell'industria, dell'agricoltura e della formazione di quadri.

In quanto alle relazioni di amore e odio con il Portogallo, ex-colonizzatore dell'Angola, con 200 mila portoghesi presenti nel paese, il presidente afferma che "le relazioni difficili sono superate". Il quadro dei rapporti Angola-Portogallo viene definito di  "amicizia e comprensione anche se ci sono ancora sacche di reminiscenze del passato".

In particolare il presidente angolano lancia un aperto invito ai portoghesi a recarsi in Angola perché "qui - spiega - abbiamo bisogno di personale formato e ben qualificato". 

Il discorso verte poi sugli investimenti angolani in Portogallo, in particolare quelli avviati dalla petrolifera locale, la Sonangol, visti in modo positivo da Dos Santos.

Sul rapporto con la Cina che riceve dall'Angola la metà del petrolio che estrae il presidente spiega " abbiamo fatto ricorso a questa cooperazione dopo la fine della guerra, quando la Cina ci mise a disposizione molto denaro per la ricostruzione". 

Ricorda poi l'incredibile opera sviluppata in soli 3 anni fatta dai cinesi, la costruzione di una città satellite con 20 mila appartamenti per una capacità di 200 mila persone che oggi sorge a soli 20 chilometri dal centro città. Sull'argomento case il presidente angolano approfitta della televisione portoghese per ribadire che il suo obiettivo è raggiungere il milione di appartamenti nei prossimo cinque anni. 

Sulle sfide future, la risposta dell'angolano è "formazione qualificata, mantenimento della stabilità politica, creazione di condizioni per la crescita economica e sociale". Il come è presto spiegato "l'Angola punta allo sviluppo dell'agricoltura e della produzione mineraria, sulla crescita dell'industria di trasformazione, sulla diversificazione". L'obiettivo è mantenere nei prossimi anni  i livelli di crescita dell'economia angolana che viaggiano sopra il 6% annuo. 

Sugli obiettivi sociali nessuna incertezza, torna il leit motiv dell'ultima campagna elettorale del rieletto presidente angolano  "vogliamo distribuire meglio la ricchezza e eliminare la povertà,  formare quadri nazionali e rendere competitive le nostre aziende"

La domanda arriva immediata: ma non preoccupa il gap fra ricchi e poveri? La risposta è secca "si tratta di un problema dibattuto in tutto il mondo, anche in Europa, la politica del nostro partito è combattere le diseguaglianze. Abbiamo il problema del sottosviluppo - continua JES - che però ci viene dai tempi delle colonie e si traduce in povertà". 

Il presidente inoltre si dice preoccupato di questo indice, ricordando che raggiunge il 35 - 36% della popolazione. "La povertà - sottolinea - sta soprattutto nelle persone che vivono nelle periferie delle città e nelle aree rurali e noi per combatterla vogliamo garantire la crescita dell'economia e ridistribuirla meglio con una buona politica fiscale".

Seguono domande scomode, ma le risposte sono sempre pronte e sintetiche. 

La corruzione?
JES "La corruzione esiste in tutti i paesi e non so se un giorno riusciremo a vincerla anche se abbiamo politiche contro la corruzione come il miglioramente dei salari, il rafforzamento di alcune istituzioni come il tribunale dei conti"

L'instabilità sociale?
JES "Non abbiamo secondo me instabilità sociale in questo momento. Il governo è sempre preoccupato dei problemi sociali e si occupa di salute, di rete scolare, gli alunni fuori dal sistema sono meno del 20%, di programmi di assistenza a bambini in difficoltà, agli anziani, agli  handicappati".

Le proteste dei giovani?
JES "ci sono giovani che protestano ma non sono mai più di 300, sono fenomeni molto localizzati"

Il rischio di una primavere araba angolana?
JES "Non penso che ciò che accadde con la primavera araba possa succedere qui. Ci hanno provato subito dopo la Tunisia, l'Egitto e la Libia.  La gioventù voleva fare grandi manifestazioni e usarono la rete sociale sul web ma la verità è che non arrivarono, non riuscirono perché c'è la convinzione che si sta lavorando in un modo positivo"

Le mine
JES "L'Angola è uno fra i Paesi più minati del mondo, era comparata alla Cambogia, con più di 6 milioni di mine sul territorio nazionale. Abbiamo un programma di sminamento dal 2003. Senza questo è impossibile la ricostruzione nazionale, tutta la linea ferroviaria era minata, lo stesso le strade, i ponti, i campi nelle zone agricole. Il 1' programma di smistamento ci è costato 100 milioni di dollari, le nostre forze armate sono state impiegate nello sminamento, oggi ci sono zone sminate dove si può tornare all'agricoltura, il processo va avanti". 

L'intervista si chiude sulla domanda che riguarda la transizionel. Eduardo Dos Santos, secondo leader africano da più lunga data,  pensa di lasciare?

"Si certo - dice -  Se ne parla nel mio partito, ma prima cosa occorrerà trovare un leader che possa sostituirmi nell'MPLA". 

Che farà dopo presidente?
JES "Forse scriverò memorie, ma io ho una fondazione e amo lo sport, sono un uomo di sport prestato alla politica"

martedì 4 giugno 2013

Angola rosso Cina

La centralidade di Kilamba Kiaxi a Luanda costruita dei cinesi in cambio di petrolio

Sul dominio cinese nel mondo pubblica allarmato Atalsweb, rivista online di politica internazionale: 

"Con l’acquisto di aziende, sfruttando le risorse naturali, la costruzione di infrastrutture e dando prestiti a tutto il mondo, la Cina sta perseguendo una forma morbida ma inarrestabile di dominio economico. Le risorse finanziarie sostanzialmente illimitate di Pechino consentono al paese di essere una forza in grado di cambiare le regole del gioco sia nel mondo sviluppato che in quello in via di sviluppo; una situazione che minaccia di cancellare la competitività delle imprese occidentali, uccidere i posti di lavoro in Europa e in America ma anche di far dimenticare gli abusi sui diritti umani in Cina”.

Questo dominio è più che evidente in Angola dove già a un primo colpo d'occhio spiccano cantieri targati Cina, fattorie di Tofu, ristoranti con lanterne rosse e tanti, tanti cinesi costantemente al lavoro.

"Sono bastati 14 anni alla Cina per diventare la prima potenza commerciale del pianeta - scrive Carlos Pinto Santos dalle pagine del mensile Africa21  - Nel 2009 ha raggiunto il posto di primo partner economico dell'Africa e secondo dell'America latina".

Secondo dati recenti il commercio cino-africano ha raggiunto la cifra straordinaria di 200 mila milioni di dollari. Solo 3 anni fa questa cifra raggiungeva i 10 mila milioni.
Il segreto? Elevatissime riserve finanziarie e imprese, sia pubbliche che private, che esportano mano d'opera più o meno qualificata verso l'Africa.

La politica del "going out", inaugurata con estrema lungimiranza dal Presidente cinese Jang Zemin nel 1999, ha fatto delle Cina una delle prime potenze commerciali al mondo. 

La vecchia Europa, spaventata e arrancante, lontana dai tassi di crescita di Africa e America latina, parla di "nuovo imperialismo" e, forse giustamente, si preoccupa di questa potenza "predatrice" pericolosa per la democrazia, i diritti umani e l'ambiente. Ma l'Africa, piena di Paesi non più "in via di sviluppo" ma in via di forte crescita, si domanda perché non dovrebbe fare ricorso agli investimenti cinesi, in cambio delle sue materie prime, per recuperare il suo ritardo e il suo deficit di infrastrutture?

E' questo il sistema: infrastrutture contro petrolio. Almeno in Paesi come la Nigeria e l'Angola. 

In quest'ultima in particolare la Cina dal 2005 ha investito circa 6 milioni e mezzo di dollari, di cui 5 milioni nel settore immobiliare con la costruzione delle famose "centralidade". Si tratta di città satellite che il Presidente Dos Santos presenta come le nuove case per il popolo. Interi quartieri di palazzi alti 10 piani a trenta chilometri dal centro città. La centralidade di Kilamba Kilaxi, dove oggi stanno andando i cittadini "sfrattati" dalle baracche del centro città, è costata ufficialmente 3,5 milioni di dollari, tutti sborsati dalla Cina in cambio di petrolio angolano. 

Solo nello scorso mese di maggio l'Angola ha esportato 1.83 milioni di barili di petrolio al giorno. Metà di questo petrolio è esportato verso la Cina. 

Ancora la Cina è il primo partner commerciale dell' Africa dal 2011, davanti a Francia e Stati Uniti. Secondo dati ufficiali diffusi dal governo cinese sempre nel 2011 erano 160 mila i cinesi residenti in Africa, ma fonti ufficiose sul territorio africano parlano di altre cifre, comprese fra 600 mila e 1 milione di cinesi in Africa. 

Non a caso il nuovo presidente cinese Xi Jinping ha scelto l'Africa come primo continente da visitare, lo scorso aprile, dopo l'incarico ricevuto, per spiegare le grandi linee della strategia economica cinese per i prossimi dieci anni. L'ha fatto passando per la Tanzania e finendo a Brazaville.

Un'amore quello cino-africano ben spiegato da una economista dello Zambia, Dambisa Moyo, che in un suo libro del 2009 dal titolo " Dead Aid: why aid is not working - There is another way for Africa", da all'Europa e agli Stati Uniti una bella lezione sull'etica degli aiuti. 

"La Cina - spiega la giovane donna - vuole la precedenza nell'accesso alle risorse minerarie e alle materie nei paesi in cui queste sono abbondanti, come in Africa. Per questo - continua - promuove l'entrata di capitali nel continente - prestiti e investimenti in infrastrutture. Questo - scrive l'economista africana - stimola il commercio, l'imprenditorialità, crea posti di lavoro  e promuove la competitività". 

In poche parole per gli africani il modello cinese offre alle loro economie opportunità reali di crescita che il sistema degli aiuti all'Africa non è mai riuscita a creare. Far parte dell'economia globale e diventarne motore è una cosa nuova per l'Africa continente che, da sempre predato, ora sta diventando predatore!

giovedì 28 febbraio 2013

Italiani senz'anima, angolani senza... equa distribuzione!




Mentre l'Italia esce da queste ultime elezioni più zoppa di prima e il resto del mondo commenta sarcastico i risultati elettorali, l'Angola non perde occasione per fare dell'ironia e dall'organo di stampa del regime, il Jornal de Angola, si lancia in descrizioni colorite dei nostri politici definendoli "robot senz'anima o manipolatori" e della nostra politica "antidemocratica".

Viene dunque voglia (fra mali comuni il gaudio, quello sì, è equamente distribuito), di guardare alla situazione interna di chi ci giudica. E' un po' come la storia del bue che dice cornuto all'asino.

Basti su tutto analizzare il leit motiv dell'ultima campagna elettorale dell'eterno presidente angolano, Josè Eduardo Dos Santos: "A crescer mais e a distribuir melhor". 

A onor del vero sul lato della crescita, nulla da dire, finchè a tirare è il petrolio. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Sonangol, la petrolifera locale, per il 2015 è previsto il raggiungimento dell'obiettivo di produzione pari a 2 milioni di barili al giorno, il che farà dell'Angola il primo produttore di petrolio in Africa. 

In quanto al "distribuir melhor", distribuire meglio le risorse è il secondo ben più complesso obiettivo che il presidente angolano, alla guida del Paese da 34 anni, si è dato. 

Su questo la domanda che in molti si sono posti è: come fare?.  

Due assunti sono assolutamente chiari a tutti, e ancor più agli analisti, fra questi il professore associato all'Università cattolica di Luanda, Alver Da Rocha, quando afferma dalle pagine di Africa21 di questo mese (mensile lusofono di politica e economia africana) che 

"il modello attuale di accesso alle risorse, alle rendite e alla ricchezza è stato studiato in modo tale che la rendita petrolifera abbia una distribuzione a carattere politico/familiare che ha determinato in Angola la nascita di una classe sociale minoritaria di cittadini molto ricchi che non intendono spartire i loro patrimonio con nessuno". 

Questo modello di sviluppo, basato esclusivamente sul petrolio, rende molto difficile la diversificazione dell'economia, quindi la nascita di una classe media e imprenditoriale e con essa l'aumento di posti di lavoro qualificato che porta con se salari più alti e di conseguenza anche una migliore distribuzione delle ricchezze.

Tutto questo in Angola non c'è. La diversificazione dell'economia è ancora fatta solo a parole e l'offerta di lavoro è esclusivamente di tipo informale e di bassa qualità.

Niente diversificazione, niente creazione di nuovi impieghi, niente aumento dei salari e così le rendite vanno a ingrassare quella piccola élite che concentra nelle sue mani potere politico ed economico, lasciando il "distribuir melhor" lettera morta, da qui a tempo indefinito! 



mercoledì 12 settembre 2012

ANGOLA: dove si aprono scuole e ospedali ma mancano maestri e medici



E' iniziata bene la prima settimana di scuola per i bambini angolani che da lunedì sono tornati a riempire le aule dopo una pausa di 34 giorni dovuta alla preparazione delle elezioni generali  che hanno avuto luogo lo scorso 31 agosto.
Il bianco dei loro grembiuli è tornato a illuminare le strade a tutte le ore del giorno. Sono tre infatti i turni scolastici della durata di 4 ore ciascuno. Il primo è alle 6.00 del mattino e termina alle 10.00, il secondo va avanti fino alle 14.00, quando inizia il terzo che termina alle 18.00. Questo per quanto riguarda l'insegnamento primario. Il secondario e le Università hanno turni che vanno anche fino alle 23.00.

Questo accade perché il Paese, con un alto tasso di giovani, secondo i dati Unicef sono circa il 47% della popolazione quelli con un'età compresa fra i 0 e i 14 anni, su una popolazione totale di 19 milioni nel 2010, non ha sufficienti infrastrutture, ma soprattutto, quando ci sono, non ha insegnanti preparati adeguatamente.

La situazione però in Angola è andata migliorando dal 2002. Secondo i dati diffusi dal governo gli studenti totali ad oggi sono 6,4 milioni nella scuola primaria e secondaria. Anche l'insegnamento superiore sta crescendo, fa sapere il governo, che diffonde incessantemente via radio, televisione, giornali e dvd i numeri e le specifiche di ogni fattore in crescita nel Paese. Secondo queste informazioni anche l'insegnamento superiore sta crescendo con l'apertura di nuovi campus universitari nelle principali città del Paese. In particolare la propaganda mostra il Campus universitario Agostino Neto a Luanda che però al momento non è ancora operativo, tranne in qualche piccola sezione. 

In ogni caso anche i dati Unicef sono confortanti quando sottolineano che dal 2002 la percentuale di bambini iscritti alla primaria è  arrivato a coprire il 76% della popolazione sotto i 12 anni anche se, continua l'Unicef, 1 milione di bambini sono ancora fuori dal sistema della scuola primaria.

Altro discorso ancora, su cui insiste l'Unicef, è la qualità della formazione che se non è a livelli accettabili nella primaria, per la secondaria lo è ancora meno, con numeri che parlano di un misero 20% della popolazione fra i 12 e i 17 anni che frequenta la scuola. 


Il problema è legato molto alla mancanza di formazione adeguata per gli insegnanti e i quadri del settore.  Questa però è una carenza che non riguarda solo il settore dell'insegnamento. Anche nella Sanità si sta verificando un terrificante vuoto di professionalità che lascia inutilizzate le molte infrastrutture che il Presidente Dos Santos e i suoi Ministri non fanno che inaugurare da qualche anno a questa parte. 

Tutte le ultime infrastrutture mediche inaugurate, in particolare gli Ospedali materno-infantili di Viana e di Catinton nella capitale, solo per fare un esempio, non stanno lavorando perché ad accogliere i pazienti non ci sono medici. Lo stesso quotidiano, Jornal de Angola, malgrado tutta la propaganda che ha fatta negli ultimi mesi in favore dell'attuale governo, ieri titolava a quattro colonne "Nuove unità ospedaliere prive di medici" riferendosi in particolare al centro materno-infantile di Catinton con 32 camere e un solo medico generico. Nell'articolo si legge che, dal momento dell'apertura, si presentano circa 205 pazienti al giorno,  di cui 100 sono bambini, 35 donne in stato di gravidanza avanzato, 50 si presentano per visite mediche e 20 al reparto Urgenze, ma nessuno riceve cure.

Queste sono le storture di un sistema che sta crescendo moltissimo in termini di infrastrutture ma che dimentica di coltivare insieme ai palazzi, alle strade e alle palme che le costeggiano, la sua popolazione, dandogli la giusta istruzione e i mezzi per poter costruire il paese con le loro proprie mani. 

domenica 2 settembre 2012

Angola: MPLA i numeri di una vittoria che dovrebbe far riflettere



A prima vista in Angola ha vinto la continuità, ma vediamo cosa suggerisce il secondo sguardo...

Ha vinto il partito Mpla e il suo capolista, l'attuale presidente Josè Eduardo Dos Santos, con il 72,8 % delle preferenze, dati delle 12.00 del 2 settembre. 

Segue l'avversario di sempre, l'Unita, con il suo capolista, Jonas Savimbi, che ha ottenuto il 18 % dei voti. In terza posizione arriva una nuova formazione nata da una costola dell'Unita, Casa-ce, con Abel Chivukuvuku, che ha ottenuto un totalmente inaspettato, 5,6 %.

E' indubbiamente una vittoria, ma andando ad analizzare i dati qualche segnale di stanchezza emerge. L'Mpla ha perso in 4 anni il 10% delle preferenze, nel 2008 aveva ottenuto l'82% dei voti. L'Unita ne ha acquistati quasi altrettanti, l'8% in più, forse i delusi dell'Mpla?

Ma non è tutto. A Luanda, la capitale baciata dalle grandi opere infrastrutturali messe in piedi dal governo e fra le altre cose inaugurate proprio qualche giorno prima delle elezioni, in concomitanza con il 70simo compleanno del Presidente, l'Mpla ha ottenuto uno striminzito 58% di preferenze, mentre l'Unita ha raggiunto il 25% e Casa-ce addirittura il 13%. 

Quel 58% per una città che fino a ieri, e ancora oggi a dire il vero, è tappezzata di immagini del presidente, è invasa di gabbiotti dell'Mpla, è martellata da radio, televisioni e giornali che parlano solo delle opere del primo cittadino, lascia pensare che tanti sforzi non sono bastati a convincere la vasta maggioranza degli abitanti di Luanda.

Solo per fare qualche esempio sono di questi ultimi mesi la costruzione della nuova Assemblea Nazionale, un fantasmagorico palazzo sovrastato da una enorme cupola che ricalca a dimensioni reali la Basilica di San Pietro a Roma; 

un lungomare di 3,2 chilometri costruito in 30 mesi con la realizzazione di cinque ponti, due strade a quattro corsie, parcheggi, campi da calcio, piste di pattinaggio, aiuole, sistema idrico di spurgo dell'acqua che scende dalla collina verso il mare, utilizzo di 3000 palme importate dalla California;


la risistemazione del sistema viario della Hilia di Luanda. 

Grandi opere che hanno davvero cambiato la faccia di questa città, ora più vivibile, più accogliente e accettabile. Grandi opere di cui godono probabilmente gli stessi che comprano nel locale rivenditore di Porche e Jaguar, case automobilistiche che vantano l'apertura nella capitale angolana di due enormi saloni. 

Ma a cosa servono le palme a chi vive in baracche senz'acqua e senza luce, indossa indumenti bucati, ciabattine usate e fa niente se hanno fiocchi e strass anche se chi le usa è un giovanotto muscoloso? 

Questa gente, quella che forse ha scelto di non votare per l'Mpla, credo abbia vergogna ad andare a passeggio su questa nuove e scintillante versione della città perché, per dirne una, la scia di odore che potrebbe lasciare non si armonizzerebbe con quella dei profumi delle signore che la percorrono. 

Le scuole, chiuse da più di un mese, hanno aule affollate da una media di 50/70 alunni alla volta e ce ne sono che vanno nel tardo pomeriggio perché le si frequenta su tre turni non essendocene abbastanza. 

A Sambizanga i meninos de rua sono così tanti che la Casa dei meninos di zona, tenuta da religiosi, ha chiesto al governo un incontro per far si che le famiglie si responsabilizzino. Le agenzie umanitarie e le ong di sviluppo lavorano sulla pianificazione familiare perché la sanità pubblica non ha spazio per accogliere tutte le donne in gravidanza e l'incidenza di parti a rischio e di complicazioni a cui fa seguito un alto tasso di mortalità infantile cresce invece di diminuire. 

La famosa città satellite di Kilamba, finita agli onori delle cronache perchè ritenuta "fantasma", ora fantasma non lo è più, ma non ha contribuito a risolvere il problema abitativo di decine di migliaia di abitanti di Luanda che quelle case, messe in vendita per una cifra che vai dagli 80.000 ai 200.000 dollari non possono permettersi. Con lo stipendio base che non supera i 200 dollari nessuna Banca è disposta a rilasciare un mutuo.  Così chi ha i soldi continua ad averli e chi non li ha resta dov'è malgrado tutte le inaugurazioni del partito del presidente. 

Questo è quanto è avvenuto fino ad oggi, ma ora l'Mpla sembra aver capito che per star bene tutti occorre "distribuir melhor" e lo ha scritto a caratteri cubitali nei manifesti elettorali. Una cosa è certa, l'Mpla la pace è riuscita a mantenerla in questi dieci anni e questo forse è il vero motivo per cui la gente ancora ci crede, il ricordo della guerra brucia ancora e i ragazzi mutilati dalle mine non si contano su due mani a ogni passeggiata in città. 

Ora non resta che mantenere le promesse: a crescer mais e a distribuir melhor!



giovedì 30 agosto 2012

Angola: al voto per la terza volta fra speranza e rassegnazione

Un poster dell'Mpla con Josè Eduardo Dos Santos

Il 31 agosto del 2012 per gli angolani, la cui indipendenza dal Portogallo è stata dichiarata nel 1975, sarà un altro di quei giorni che passerà alla storia. In più di nove milioni, su una popolazione di circa 17, andranno a votare in uno dei 10.349 seggi elettorali predisposti nelle aule scolastiche di altrettante scuole angolane. E' dal 5 di agosto infatti che i bambini di questo Paese non vanno a scuola per permettere al governo di organizzare le sue terze elezioni legislative. 

La prima tornata elettorale risale al 1992, quando alle legislative si abbinarono le elezioni presidenziali. In quell'occasione l'Mpla prese il 53% dei voti e l'Unita il 34, mentre le presidenziali incoronarono Josè Eduardo Dos Santos dell'Mpla come capo di stato con il 49% delle preferenze, contro il 43% del rivale di sempre, Jonas Savimbi dell'Unita. 

La seconda chiamata alle urne gli angolani l'hanno avuta nel 2008 quando ancora una volta, con numeri da "elezioni bulgare", l'Mpla ottenne l'82% delle preferenze. All'Unita non restò che un misero 10%.

Il 31 agosto 2012, dalle 7 alle 18.00, si torna alle urne e a seguito di una riforma costituzionale introdotta nel 2010, non si avranno contemporanee elezioni presidenziali, che sono state abolite. Come recita la nuova legge "il candidato che si trova al primo posto nella lista elettorale che ottiene la maggioranza dei voti sarà automaticamente eletto presidente". Non a caso Eduardo Dos Santos è capolista dell'Mpla. 

Sono 5 i partiti politici che corrono in queste elezioni: l'Mpla (Movimento popolare per la liberazione dell'Angola), l'Unita (Unione Nazionale per l'Indipendenza totale dell'Angola), l'Fnla (Fronte nazionale per la liberazione dell'Angola), il Cpo (consiglio consultivo per l'opposizione politica) e il Papod (Partito popolare per lo sviluppo) e 4 le coalizioni: Fuma (Fronte unito per il cambiamento dell'Angola), Prs (Partito del rinnovamento sociale), Casa-ce (Convergenza ampia per la salvezza dell'Angola) e Nd (Nuova democrazia). 

Candidati alla presidenza in quanto capolista delle rispettive formazioni politiche sono: Isaias Samakuva (Unita), Josè Eduardo Dos Santos (Mpla), Lucas Ngonda (Fnla), Eduardo Kuangana (Prs), Quintino Moreira (Nd), Antonio Muachicungo (Fuma), Anastacio Joao Finda (Cpo), Artur Quixona Finda (Papod), Abel Chivukuvuku (Casa-ce).

Sono nove i pretendenti al posto di presidente ma la battaglia (forse per gli altri già persa) si gioca fra l'onnipresente Josè Eduardo, detto Ze Dù e i due leader dell'Unita, Isaias Samakuva e Abel Chivukuvuku, fuoriscito dal partito di recente per creare Casa-ce, formazione che si proclama nuova e democratica, sola alternativa - insiste Chivukuvuku - credibile allo strapotere dell'Mpla. Un potere che affonda le sue radici negli ultimi dieci anni di vita di questo Paese, gli unici trascorsi in pace dopo una massacrante guerra civile iniziata nel luglio 1975.  

Nella guerra entrarono in campo contrasti etnici e interni e forze straniere interessate alle risorse locali, petrolio e diamanti. L'Mpla, movimento marxista-leninista, che organizzò una sorta di dittatura mono-partitica, al tempo appoggiata da Cuba e dall'Urss e l'Unita, di risposta, sostenuta dagli Stati Uniti e dal vicino Sudafrica, ingaggiarono una lotta senza esclusione di colpi. Il conflitto, iniziato nel novembre del 1975 con l'invasione dell'Angola da parte del Sudafrica dell'apartheid, vide l'intervento di migliaia di soldati cubani e si protrasse per anni, decimando la popolazione. Si giunse infine alla firma di un accordo di pace siglato nel dicembre del 1988 a New York. 

Nel 1991 le truppe straniere si ritirarono e nel 1992  si tennero le prime elezioni presidenziali che, come detto, videro la vittoria del MPLA. Josè Eduardo Dos Santos, successo ad Agostino Neto nel 1979 alla guida del Paese, fu confermato nella carica, la cosa non piacque all'Unita di Savimbi e il paese rientrò in una nuova fase di guerra civile. 

Intanto Dos Santos in politica interna rimodernò le istituzioni, si scrollò di dosso i metodi marxisti e in politica estera si alleò con Stati Uniti, Gran Bretagna e Portogallo. L'Unita disorientata andò allo sbando mentre morivano in guerra più di 1 milione e mezzo di angolani, dilaniati anche da molti milioni di mine. La guerra finì definitivamente solo con la morte di Savimbi nel 2002.

Da allora è stata solo crescita. Una crescita esponenziale che ha portato il Paese ad avere un aumento del Pil del 12% l'anno, a produrre 2 milioni di barili di petrolio al giorno, a estinguere il suo debito con il club di Parigi, a fare della Cina il suo miglior partner commerciale, a diventare il 4' produttore mondiale di diamanti e tanto altro. 


La nuova Marginal di Luanda 
Questa immensa crescita è la migliore campagna elettorale per l'Mpla che fra le altre cose non l'ha fatta passare inosservata. Televisioni, giornali, radio, pubblicità stradale non hanno fatto altro in questi ultimi mesi che raccontare le inaugurazioni di infrastrutture ad opera del governo e con la presenza di Dos Santos.

Non si può negare, questa è l'Angola, o almeno ne è un aspetto, il più scintillante, quello che attira la fiducia e i capitali stranieri, quella che porta voti e da privilegi. 

C'è però un'altra Angola. Una Angola che non produce più agricoltura e che si basa tutta su petrolio e diamanti, una Angola con l'87% della popolazione sotto la soglia della povertà (dati Undp), un Paese con un tasso di analfabetismo che tocca il 56% della popolazione.

Questa è l'Angola del fango, delle case di paglia, delle fogne a cielo aperto, delle taniche per trasportare l'acqua, delle candele per fare luce, delle scuole sovraffollate, degli ospedali davanti ai quali si resta a dormire sui marciapiedi in attesa di un ricovero che non arriva se non a pagamento o con qualche spintarella.


Questa Angola non piace, non ha diritto a essere raccontata, tutti fingono che non ci sia, che si tratti di una "malelingua" oppure, se ci si accorge che c'è, la si classifica come un incidente momentaneo, un errore del sistema altrimenti perfetto. Un sistema che privilegia le grandi infrastrutture e che ha lasciato indietro lo sviluppo di una adeguata rete idrica, elettrica, fognaria, come di un accettabile sistema sanitario e scolastico. Sono cose che poco importano a chi vive in ville miliardarie, si muove con macchine di lusso, studia privatamente si fa curare all'estero. 

E' difficile fare passi verso il cambiamento, verso il nuovo che è sempre ignoto. Questo nuovo angolano poi ignoto lo è davvero perchè se almeno in campagna elettorale ciò che è nuovo avesse avuto spazio sui media forse se ne saprebbe qualcosa. Invece questo spazio non c'è stato. Ovunque e dovunque campeggiava un solo volto e un solo colore, quello di chi già comanda.

Qui domani si vota e anche se capisco che non è facile fare salti nel buio quando alle spalle si hanno solo dieci anni di luce, suggerisco agli amici angolani  un piccolo ma significativo gesto, una x su uno dei 9 contendenti che fino ad oggi non ha avuto voce, almeno per dire che si può governare (e farlo più democraticamente) anche se non si raggiunge l'87% dei voti. 





mercoledì 30 maggio 2012

Sopravvivere a Luanda

Se nella capitale più cara d'Africa vivono centinaia di migliaia di persone il cui reddito stimato è inferiore ai 300 dollari al mese, una domanda nasce spontanea: come fanno a sopravvivere?
La risposta è semplice e sotto gli occhi di tutti, anche di quegli espatriati che si lamentano per il costo eccessivo della vita in città. 
Se il nutrimento non lo si cerca in un barattolo di Nutella ma in un chilo di riso o di fuba, come la farina di manioca è chiamata in Angola, allora la salvezza la da il "mercato parallelo" o "informale".
Basta lasciare di poche centinaia di metri le vie principali che conducono a supermercati che, per prodotti offerti non hanno nulla da invidiare alla grande distribuzione europea, per ritrovarsi in immensi mercati all'aperto dove gli stessi prodotti esposti nei supermercati si trovano su tavolacci di legno o sopra teli stesi a terra.


Uno di questi mercati si chiama "Catin-to" e anche se il suono appare vagamente cinese di cineserie se ne trovano poche, ma di prodotti freschi e provenienti dalla "piazza locale" se ne trovano a dozzine.
Ananas, maracuja, meloni, angurie, manghi, arance, pomodori, verdure in foglia, cavoli, fagiolini provengono tutti dalle campagne angolane, hanno un magnifico aspetto e costano così poco che con i 10 dollari di un barattolo di Nutella di un supermercato in città ci si compra una carriola di frutta e verdura. 
Come Catin-to c'è il mercato di San Paolo, per stoffe e prodotti in scatola. Se invece si vuole comprare il pesce, che nei supermercati è vecchio e congelato e riscongelato più volte, oltre che costoso, c'è il mercato sulla Samba. Qui il pescato, sempre esposto a terra, è abbondante e fresco, appena scaricato dalle barchette dei pescatori.


In questi mercati, dove la gente di Luanda acquista giornalmente i prodotti per la sopravvivenza propria e delle proprie famiglie, di espatriati non se ne vedono, ma di gente che prova ogni giorno a sopravvivere con dignità se ne incontra a migliaia e con i loro sorrisi raccontano una città in tutto diversa da quella descritta da una certa stampa che di Luanda parla solo come "the most expensive city for expat".



martedì 24 gennaio 2012

Un sogno chiamato "Agua para todos"


LUANDA. Il programma "Agua para todos" è stato lanciato dal governo angolano nel 2007 ma, malgrado gli sforzi fatti, ancora oggi la situazione relativa all'approvvigionamento dell'acqua in molte zone del Paese e della capitale non è rosea.
In tanti quartieri della capitale, come Viana, Madeira, Mulenvos, Sambizanga, ogni giorno vengono spesi centinaia di Kwanzas, moneta locale, per ottenere qualche litro del prezioso liquido.  
L'assenza di acqua corrente non solo nelle case, ma anche nei quartieri stessi attraverso pozzi o fontane, costringe tutti a comprare l'acqua. E' nato così un mercato parallelo di trasportatori di taniche che arrivano a percorrere anche trenta chilometri al giorno, spingendo su carri di legno a tre ruote le caratteristiche taniche gialle, da 20 litri l'una, fin nel cuore dei quartieri più poveri. 
Il sistema funziona più o meno così. I proprietari dei kupapatas, delle motorette a tre ruote di marca cinese, vanno nel più vicino punto di distribuzione e comprano bidoni da 20 litri a 10 kwanza l'uno che poi andranno a rivendere nei barrio a 50 Kwanza, con un margine di guadagno di 40 kwanza a recipiente. Queste taniche poi vengono trasportate, altro costo per il cliente finale, con i carretti in legno fin dentro alle baracche. 
A Sambizanga, nel 2009, nell'ambito del programma governativo Agua para todos, il governo costruì 13 fonti d'acqua, del valore di 16 milioni di dollari l'una, che purtroppo poi, forse a causa dell'assenza di manutenzione adeguata, sono finite per essere inoperanti. 
La soluzione la trovarono i giovani che con i loro carri a mano cominciarono a recarsi nei quartieri dove ci sono fonti d'acqua operative, per poi tornare a venderle nel proprio barrio a 100 Kwanza ogni 20 litri. 
Questa è la realtà quotidiana in un Paese che sta comunque facendo molti passi per crescere. 
"Il Paese sta andando avanti e la vita degli angolani sta migliorando progressivamente. Il Programma di Investimento Pubblico è triplicato in quattro anni, gli indici di povertà si stanno abbassando, il numero di posti di lavoro sta crescendo, gli indici di sviluppo umani stanno migliorando, il Pil pro capite è salito da 3800 dollari a testa nel 2005 a 8300 nel 2009", parole del Presidente angolano alla tradizionale cerimonia di saluto ai rappresentanti diplomatici accreditati in Angola questo gennaio 2012  e pubblicate integralmente sull'Agenzia di stampa angolana. 

mercoledì 18 gennaio 2012

Il futuro è "zunga" per i giovani angolani


Luanda - 18 GEN. Li incontri per strada a tutte le ore, sono bambini, bambine, ragazzi, donne, uomini. Sfidano traffico, sole, pioggia, puzza, caldo, fame pur di vendere il prodotto che stringono in mano. Una gasosa, un copri-volante, una scopa, un orologio da parete, una spugna vegetale, un mango, il giornale, una bottiglia d’acqua. Tutto pur di vendere la merce prima di tornare a casa.
Loro rappresentano la parte più consistente della gioventù angolana, quella che in un Paese in forte crescita come l’Angola, dovrebbe essere impiegata e valorizzata nell’edificazione del paese. Invece questa enorme fetta di popolazione, secondo uno studio dell’Unicef gli angoloni con meno di 18 anni sono il 60%, si tiene in piedi con l’economia informale, con quell’insieme di attività che per definizione sfuggono al quadro istituzionale e regolamentato dell’economia.
Questa gente vive a stento di zunga, una parola che deriva dal dialetto Kimbundu kuzunga, che significa: circolare, deambulare, vagare, passeggiare. E’ una parola applicata a quegli uomini e donne che girano per le vie di Luanda impegnati nel commercio informale. La maggioranza dei zungueiros che vagano per la capitale sono oriundi delle provincie interne del Paese, come Benguela, Huambo, Bié, Kwanza Sul, Malanje, Kuanza-Norte. Molti di loro hanno lasciato le terre di origine perché non avevano le condizioni per sopravvivere. L’assenza di adeguate politiche per i giovani è vista da alcuni analisti locali come la causa principale di questa deformazione del mercato che costringe migliaia di giovani a sfidare la strada ogni giorno.