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giovedì 6 giugno 2013

JOSE' EDUARDO DOS SANTOS: intervista in esclusiva dopo 22 anni

Il presidente angolano durante l'intervista rilasciata alla SIC

Dopo più di vent' anni, il presidente angolano rompe il silenzio, e rilascia alla TV portoghese SIC, nel corso del Jornal da Noite delle 20 locali, l'intervista che mancava, "la grande intervista". 

Josè Eudardo Dos Santos, uno degli uomini più potenti del mondo, ha raccontato in esclusiva a Henrique Cymerman i rapporti con Portogallo, Brasile, Cina, gli investimenti angolani all'estero, i semi della guerra e della pace, la ricostruzione, le diseguaglianze sociali. In quaranta minuti di intervista ben preparata e dai toni pacati e distesi il presidente Dos Santos ha delineato il passato e il futuro dell'Angola. 

Il giornalista della SIC Henrique Cymerman durante l'intervista

A 11 anni dal cessate il fuoco l'Angola descritta da JES è un paese in ricostruzione che cresce dell'8% l'anno. Un Paese che ha buone relazioni con tante nazioni. 

Parla di Israele, il presidente affermando che le relazioni che ha con l'Angola sono eccellenti e basate sulle grandi opportunità di affari legate ai settori della difesa, della sicurezza, della formazione del personale dei corpi di polizia. 

In quanto al Brasile, Eduardo fa affondare le radici delle buone relazioni con il paese sudamericano nel passato storico e nella comune lingua. "Dal Brasile - spiega -  sono venute grandi imprese di costruzione, energia, trasporto, parliamo la stessa lingua, abbiamo avuto lo stesso colonizzatore, dall'Angola sono partiti verso il Brasile molti schiavi che hanno contribuito a formare la nazione brasiliana". 

L' amicizia col Brasile, continua il capo di stato angolano, ha portato imprese forti come la Odebrecht, che dai tempi della guerra hanno dato grande apporto alla ricostruzione agendo nelle aree dell'industria, dell'agricoltura e della formazione di quadri.

In quanto alle relazioni di amore e odio con il Portogallo, ex-colonizzatore dell'Angola, con 200 mila portoghesi presenti nel paese, il presidente afferma che "le relazioni difficili sono superate". Il quadro dei rapporti Angola-Portogallo viene definito di  "amicizia e comprensione anche se ci sono ancora sacche di reminiscenze del passato".

In particolare il presidente angolano lancia un aperto invito ai portoghesi a recarsi in Angola perché "qui - spiega - abbiamo bisogno di personale formato e ben qualificato". 

Il discorso verte poi sugli investimenti angolani in Portogallo, in particolare quelli avviati dalla petrolifera locale, la Sonangol, visti in modo positivo da Dos Santos.

Sul rapporto con la Cina che riceve dall'Angola la metà del petrolio che estrae il presidente spiega " abbiamo fatto ricorso a questa cooperazione dopo la fine della guerra, quando la Cina ci mise a disposizione molto denaro per la ricostruzione". 

Ricorda poi l'incredibile opera sviluppata in soli 3 anni fatta dai cinesi, la costruzione di una città satellite con 20 mila appartamenti per una capacità di 200 mila persone che oggi sorge a soli 20 chilometri dal centro città. Sull'argomento case il presidente angolano approfitta della televisione portoghese per ribadire che il suo obiettivo è raggiungere il milione di appartamenti nei prossimo cinque anni. 

Sulle sfide future, la risposta dell'angolano è "formazione qualificata, mantenimento della stabilità politica, creazione di condizioni per la crescita economica e sociale". Il come è presto spiegato "l'Angola punta allo sviluppo dell'agricoltura e della produzione mineraria, sulla crescita dell'industria di trasformazione, sulla diversificazione". L'obiettivo è mantenere nei prossimi anni  i livelli di crescita dell'economia angolana che viaggiano sopra il 6% annuo. 

Sugli obiettivi sociali nessuna incertezza, torna il leit motiv dell'ultima campagna elettorale del rieletto presidente angolano  "vogliamo distribuire meglio la ricchezza e eliminare la povertà,  formare quadri nazionali e rendere competitive le nostre aziende"

La domanda arriva immediata: ma non preoccupa il gap fra ricchi e poveri? La risposta è secca "si tratta di un problema dibattuto in tutto il mondo, anche in Europa, la politica del nostro partito è combattere le diseguaglianze. Abbiamo il problema del sottosviluppo - continua JES - che però ci viene dai tempi delle colonie e si traduce in povertà". 

Il presidente inoltre si dice preoccupato di questo indice, ricordando che raggiunge il 35 - 36% della popolazione. "La povertà - sottolinea - sta soprattutto nelle persone che vivono nelle periferie delle città e nelle aree rurali e noi per combatterla vogliamo garantire la crescita dell'economia e ridistribuirla meglio con una buona politica fiscale".

Seguono domande scomode, ma le risposte sono sempre pronte e sintetiche. 

La corruzione?
JES "La corruzione esiste in tutti i paesi e non so se un giorno riusciremo a vincerla anche se abbiamo politiche contro la corruzione come il miglioramente dei salari, il rafforzamento di alcune istituzioni come il tribunale dei conti"

L'instabilità sociale?
JES "Non abbiamo secondo me instabilità sociale in questo momento. Il governo è sempre preoccupato dei problemi sociali e si occupa di salute, di rete scolare, gli alunni fuori dal sistema sono meno del 20%, di programmi di assistenza a bambini in difficoltà, agli anziani, agli  handicappati".

Le proteste dei giovani?
JES "ci sono giovani che protestano ma non sono mai più di 300, sono fenomeni molto localizzati"

Il rischio di una primavere araba angolana?
JES "Non penso che ciò che accadde con la primavera araba possa succedere qui. Ci hanno provato subito dopo la Tunisia, l'Egitto e la Libia.  La gioventù voleva fare grandi manifestazioni e usarono la rete sociale sul web ma la verità è che non arrivarono, non riuscirono perché c'è la convinzione che si sta lavorando in un modo positivo"

Le mine
JES "L'Angola è uno fra i Paesi più minati del mondo, era comparata alla Cambogia, con più di 6 milioni di mine sul territorio nazionale. Abbiamo un programma di sminamento dal 2003. Senza questo è impossibile la ricostruzione nazionale, tutta la linea ferroviaria era minata, lo stesso le strade, i ponti, i campi nelle zone agricole. Il 1' programma di smistamento ci è costato 100 milioni di dollari, le nostre forze armate sono state impiegate nello sminamento, oggi ci sono zone sminate dove si può tornare all'agricoltura, il processo va avanti". 

L'intervista si chiude sulla domanda che riguarda la transizionel. Eduardo Dos Santos, secondo leader africano da più lunga data,  pensa di lasciare?

"Si certo - dice -  Se ne parla nel mio partito, ma prima cosa occorrerà trovare un leader che possa sostituirmi nell'MPLA". 

Che farà dopo presidente?
JES "Forse scriverò memorie, ma io ho una fondazione e amo lo sport, sono un uomo di sport prestato alla politica"

giovedì 28 febbraio 2013

Italiani senz'anima, angolani senza... equa distribuzione!




Mentre l'Italia esce da queste ultime elezioni più zoppa di prima e il resto del mondo commenta sarcastico i risultati elettorali, l'Angola non perde occasione per fare dell'ironia e dall'organo di stampa del regime, il Jornal de Angola, si lancia in descrizioni colorite dei nostri politici definendoli "robot senz'anima o manipolatori" e della nostra politica "antidemocratica".

Viene dunque voglia (fra mali comuni il gaudio, quello sì, è equamente distribuito), di guardare alla situazione interna di chi ci giudica. E' un po' come la storia del bue che dice cornuto all'asino.

Basti su tutto analizzare il leit motiv dell'ultima campagna elettorale dell'eterno presidente angolano, Josè Eduardo Dos Santos: "A crescer mais e a distribuir melhor". 

A onor del vero sul lato della crescita, nulla da dire, finchè a tirare è il petrolio. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Sonangol, la petrolifera locale, per il 2015 è previsto il raggiungimento dell'obiettivo di produzione pari a 2 milioni di barili al giorno, il che farà dell'Angola il primo produttore di petrolio in Africa. 

In quanto al "distribuir melhor", distribuire meglio le risorse è il secondo ben più complesso obiettivo che il presidente angolano, alla guida del Paese da 34 anni, si è dato. 

Su questo la domanda che in molti si sono posti è: come fare?.  

Due assunti sono assolutamente chiari a tutti, e ancor più agli analisti, fra questi il professore associato all'Università cattolica di Luanda, Alver Da Rocha, quando afferma dalle pagine di Africa21 di questo mese (mensile lusofono di politica e economia africana) che 

"il modello attuale di accesso alle risorse, alle rendite e alla ricchezza è stato studiato in modo tale che la rendita petrolifera abbia una distribuzione a carattere politico/familiare che ha determinato in Angola la nascita di una classe sociale minoritaria di cittadini molto ricchi che non intendono spartire i loro patrimonio con nessuno". 

Questo modello di sviluppo, basato esclusivamente sul petrolio, rende molto difficile la diversificazione dell'economia, quindi la nascita di una classe media e imprenditoriale e con essa l'aumento di posti di lavoro qualificato che porta con se salari più alti e di conseguenza anche una migliore distribuzione delle ricchezze.

Tutto questo in Angola non c'è. La diversificazione dell'economia è ancora fatta solo a parole e l'offerta di lavoro è esclusivamente di tipo informale e di bassa qualità.

Niente diversificazione, niente creazione di nuovi impieghi, niente aumento dei salari e così le rendite vanno a ingrassare quella piccola élite che concentra nelle sue mani potere politico ed economico, lasciando il "distribuir melhor" lettera morta, da qui a tempo indefinito!