giovedì 28 febbraio 2013

Italiani senz'anima, angolani senza... equa distribuzione!




Mentre l'Italia esce da queste ultime elezioni più zoppa di prima e il resto del mondo commenta sarcastico i risultati elettorali, l'Angola non perde occasione per fare dell'ironia e dall'organo di stampa del regime, il Jornal de Angola, si lancia in descrizioni colorite dei nostri politici definendoli "robot senz'anima o manipolatori" e della nostra politica "antidemocratica".

Viene dunque voglia (fra mali comuni il gaudio, quello sì, è equamente distribuito), di guardare alla situazione interna di chi ci giudica. E' un po' come la storia del bue che dice cornuto all'asino.

Basti su tutto analizzare il leit motiv dell'ultima campagna elettorale dell'eterno presidente angolano, Josè Eduardo Dos Santos: "A crescer mais e a distribuir melhor". 

A onor del vero sul lato della crescita, nulla da dire, finchè a tirare è il petrolio. Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Sonangol, la petrolifera locale, per il 2015 è previsto il raggiungimento dell'obiettivo di produzione pari a 2 milioni di barili al giorno, il che farà dell'Angola il primo produttore di petrolio in Africa. 

In quanto al "distribuir melhor", distribuire meglio le risorse è il secondo ben più complesso obiettivo che il presidente angolano, alla guida del Paese da 34 anni, si è dato. 

Su questo la domanda che in molti si sono posti è: come fare?.  

Due assunti sono assolutamente chiari a tutti, e ancor più agli analisti, fra questi il professore associato all'Università cattolica di Luanda, Alver Da Rocha, quando afferma dalle pagine di Africa21 di questo mese (mensile lusofono di politica e economia africana) che 

"il modello attuale di accesso alle risorse, alle rendite e alla ricchezza è stato studiato in modo tale che la rendita petrolifera abbia una distribuzione a carattere politico/familiare che ha determinato in Angola la nascita di una classe sociale minoritaria di cittadini molto ricchi che non intendono spartire i loro patrimonio con nessuno". 

Questo modello di sviluppo, basato esclusivamente sul petrolio, rende molto difficile la diversificazione dell'economia, quindi la nascita di una classe media e imprenditoriale e con essa l'aumento di posti di lavoro qualificato che porta con se salari più alti e di conseguenza anche una migliore distribuzione delle ricchezze.

Tutto questo in Angola non c'è. La diversificazione dell'economia è ancora fatta solo a parole e l'offerta di lavoro è esclusivamente di tipo informale e di bassa qualità.

Niente diversificazione, niente creazione di nuovi impieghi, niente aumento dei salari e così le rendite vanno a ingrassare quella piccola élite che concentra nelle sue mani potere politico ed economico, lasciando il "distribuir melhor" lettera morta, da qui a tempo indefinito! 



giovedì 14 febbraio 2013

L'ipocrita indignazione

Luanda: una donna cammina nel fango a Mota dopo due ore di pioggia

Ancora una volta l'Africa si fa riconoscere per la violenza efferata che è in grado di sviluppare.

Un video di due donne picchiate per aver rubato, forse, una bottiglia di champagne in un supermercato di Luanda, fa il giro del mondo e d'un tratto ci si indigna, ci si ricorda dell'Africa. Video delle due donne aggredite

"Cada um reconhece a sua Africa" scriveva Pepetela, autore angolano, bianco, nel 2009, parlando della sua terra, l'Angola.

Cada um vuole vedere solo quello che più si adatta ai suoi occhi. L'Africa violenta, tribale, arretrata, terra da educare e depredare. L'Africa minorenne, sregolata, incapace di rispetto, di civismo, bestiale, animale, cattiva. L'Africa da tenere lontana dagli occhi ma vicina alle tasche.

L'Africa che fa indignare è una terra complessa dove non si vive, si sopravvive. Una terra che trasuda vergogna, quella di chi l'ha sfruttata prima, i bianchi e di chi la sfrutta adesso, i neri. Quelli dell'elite, quelli potenti, quelli che hanno in mano i soldi e il potere. Quelli che in coro con gli europei si indignano quando due donne sono picchiate, brutalmente e ciecamente.

Così dalla Radio Nacional de Angola si sentono commenti di deputati, ministri, professori locali che dicono "dovremmo prevedere nel bilancio dello stato fondi per la salute mentale degli angolani". E via cori di applausi ai Ministri, "bravi". "Croissant al popolo" diceva qualcuno nella vecchia Europa. "Psicologi per il popolo", dice qualcuno nella nuova Angola. 

E mentre gli esperti si domandano alla radio come risolvere il problema della violenza a Luanda, il "mata bicho" è l'unica preoccupazione di migliaia e migliaia di persone che prima dell'indignazione, del rispetto, della civile convivenza, devono pensare a "matare il bicho", a uccidere il mostro della fame. E' così che qui si chiama la colazione del mattino, è tipica l'espressione "hoje sou sim mata bicho". Oggi non ho ancora mangiato. 

A pancia vuota si diventa cattivi. Quando fuori piove due ore e nel barrio si finisce nel fango, si diventa cattivi. Quando la città prende forme diverse, si allarga in nuove piazze, si alza in ennesimi grattacieli, si colora di luce ma nel tuo barrio, il fango ti affoga, la luce "falta", il lavoro non c'è, la fame è un bicho da matare, una bottiglia di champagne, presa per gioco fra le mani, come si farebbe con un oggetto marziano, diventa una buona ragione per "spancare" per picchiare con la forza della rabbia cieca, con la forza dello stomaco "vazio", vuoto.