sabato 9 marzo 2013

ART IN LUANDA: MAMPUYA COLORFULL MESSAGE




First is light blue, than is dark blue, followed by yellow, orange, red and so on going in circle from one side to another of a white canvas, never changing this sequence. No sketch before, no draft ideas, just a big white surface in which the artist, “as a small God” give birth to something unique and special: an artistic creature, one more picture. 

This is how GUILHERME MAMPUYA use to work. The canvas is on a table in a room of his house/gallery in Zango 0, a new building area in Luanda, where he is working at his last collection of pictures requested by two main local institution, a National Bank and a Governmental Office.

Guilherme Mampuya is an angolan artist very well known in the Country and abroad. He was born on the 4th of November 1974 in Huige, in North Angola.  He lives and paint in Luanda where he has his ateliér. He won the Ensa Arte Award in 2008 and in 7 years of painting he has done 15 Individual Exhibitions in Luanda, Lisbona and Bruxelles.

I’ve been passioned about art since I was five years old. My first artistic work is a wooden sculpture of a horse. I made it in Moxico. I was drawing very well when I was in primary school, but after it my parents sent me to study law. I didn’t like it even if I became a lawer, but I always wanted to paint. For this reason I left working for the government and started to paint” said Mampuya while he was showing us his drawings. 



In his paintings Mampuya, a nearly fourty years old goodlooking guy, likes to go from abstract to figurative leaving to the observer the chance to find what is hide in the work. So suddenly a face pop up from the caos, or a traditional music instrument, or an animal or other symbols of angolan culture and traditions. Then, staring at the pictures and leaving your mind feel relaxed and free, the message hide in each picture comes out from the colours explotion and you can see  a warrior from the north regions or a lion roaring at a buffalo, a wooden traditional mask transformed through a shower of colors, an imbondeiro fruit or the Rehina Nzhinga profile.



Today Mampuya is a smiling happy person with a nice family and the wish to tell a new Angola peacefull and free, but the past is just around the corner.

When I was young there was a civil war in Angola and it only ended in 2002 when I started to paint. Logically in my first drawings you can see the civil war. In all my works I was representing people in war, sad women, orphans but later, with the time, I decided it was better to forget the past”. “Life goes on" Mampuya repeats a number of times while he’s telling us his story. 

 “Nowadays we live in a society – he went on saying - where there is a lot of pressure. Painting, Music, Theatre, Cinema can help people to cool down, to relax. After an hard work day going home, you can look at your picture on the wall and feel good getting lost in the fantasy the artist has created for you. Painting is giving people a fantasy.”



While his wife is feeding his last son, the third one, Mampuya shows us his huge house that in few months will become a Personal Art Gallery.

"In Angola - is Mampuya's conclusion - artists are free to express themselves but there are no Art Schools, just few Art Galleries and no people who want to invest money in this field.

 Helping Art to find its sunny place in Angola looks to be Mampuya's future challenge in order to sensitize people understand the importance of culture for the growth of a society.



giovedì 7 marzo 2013

Lo Sturm und Drang angolano



Dalla raiva, la rabbia, possono nascere cose buone”. A dirlo è  Muamby Wassaky uno stilista di moda, pittore, artista plastico angolano che fa parte di un movimento di giovani che a Luanda cercano attraverso l’arte di esprimere i loro sentimenti e le loro frustrazioni. Muamby somiglia a Bob Marley nei tempi d’oro. E’ alto e porta con stile i suoi capelli rasta, lunghi,  annodati dietro la nuca. Le sue creazioni nascono da un’opera di sperimentazione dove il gusto della tradizione, le stoffe africane e i nuovi tessuti si incontrano e si fondono dando vita a pezzi unici.


Muamby non ha un posto dove vendere, ma uno dove creare si e si chiama Elinga Teatro. Questo posto è una delle fucine più vibranti per giovani artisti con qualcosa da dire piano o a gran voce, ma sempre in modo creativo. Musica, danza, teatro, pittura, scultura trovano all’Elinga un punto di incontro. Inaspettatamente gestito da un consigliere del Presidente angolano, anch’egli artista, un drammaturgo, questo luogo pieno di fascino all’interno di un palazzo di epoca coloniale, si trova nel cuore della città, stretto fra i cantieri delle nuove costruzioni che la stanno  strangolando. 


La “raiva”, per essere tutti figli di una eterna guerra civile, per aver perso familiari o pezzi di corpo sopra le mine, per non avere scuole dove formarsi alla tecnica dell’arte, per non riuscire a mantenersi con il proprio lavoro, qui trova espressione sui muri, nei murales dove la protesta si fa leggere e si fa guardare, sul soffitto da cui pendono impiccati di cartone, dalle opere pittoriche e dalle maschere tradizionali rivisitate con pezzi arrugginiti di carri armati e ferraglia di guerra…


In questo ambiente ha trovato uno spazio creativo Muamby. Qui, nel suo atelier di fronte al mare taglia, cuce, dipinge e si fa conoscere.
La madre voleva che facesse l’agronomo e lo mandò a studiare a Cuba nel 1974. Quando tornò in Angola nel 1992 era tempo di guerra e nel momento in cui si trattò di fare esperienza sul terreno, “i campi erano pieni di mine” racconta lui stesso. 


Nel 1997, sempre inseguendo i sogni di sua madre e non ancora il suo, entra nel corpo forestale, ma subito si rende conto di non essere soddisfatto. Comincia a creare oggetti con le bucce del cocco. Nell’atelier c’è una borsetta di cocco fatta da lui 15 anni fa, non è in vendita, gli ricorda da dove ha iniziato. Comprava cocco e faceva sculture, busti, borse. Andava per strada e raccoglieva materiali buttati via. 


Nell’atelier è conservata una porta in vetro dell’Hotel Tropico, completamente ricoperta di pittura. “Demmo vita a una mostra chiamata “Porte aperte”. Era l’inizio di questa avventura creativa. Le sue opere si vendevano, così decise di lasciare del tutto l’agricoltura. Anche nel settore dell’arte però Muamby si accorge che è molto difficile. 


Ci sono artisti “ufficiali” conosciuti e sponsorizzati dal governo, fare breccia non è facile. E’ da lì che inizia a cucire, a fare qualcosa di diverso, a creare vestiti, forse ispirato dalla mamma, sarta, alla quale “ruba” la prima macchina da cucire. E’ il 2001 e lui è totalmente autodidatta.  Nel 2002 fa il primo defilèè di moda e nel 2003 presenta una sfilata a Moda Luanda. E’ un evento internazionale e vince il premio che lo fa conoscere. Non smette più di dedicarsi alla moda. Nel 2005 vince un altro premio e oggi è stato ingaggiato dalla TV privata Zimbo per creare i costumi di una miniserie sulla Rehina Nzinga, eroina angolana del 1600, che andrà in onda il prossimo anno. Lo abbiamo intervistato nel suo atelier, che da qui a poco si trasferirà negli studi televisivi della Zimbo.

La tua arte ti fa sentire libero?

Si, mi piace fare quello che faccio. Essere artista è essere libero, è sentire questa libertà di esprimersi.

Quali sono state le principali difficoltà incontrate per esprimere la tua arte.

Molte. Primo, non avere una formazione nel settore, non avere i materiali per confezionare i vestiti, non avere accessori. Altro problema è vendere i prodotti. Qui si trovano molti vestiti già fatti. I miei vestiti sono più cari. Non ho un luogo dove vendere, ho un posto dove cucire, ma non dove vendere. Le persone non hanno l’abitudine di comprare cose fatte su misura.

Nel Teatro Elinga i giovani artisti possono esprimere liberamente il loro dissenso, la loro rabbia?

I giovani hanno sempre qualcosa contro, il male è quando non possono esprime la loro rabbia. Per me l’Elinga è come un laboratorio dove tirare fuori quello che si ha dentro.
Qui c’è un gruppo organizzato di persone. Il direttore di questo spazio è il consigliere del Presidente per i discorsi. E’ un drammaturgo. Da una parte segue una via istituzionale, dall’altra usa questo luogo come uno spazio sociologico dove esprimere e far esprimere.
Io penso che ognuno abbia il suo modo di esprimersi, ma in molti non vogliono vedere, criticano solo, chiudono gli occhi di fronte a certe realtà. 


Gli artisti con la loro rabbia portano cose buone, la loro furia è una protesta, per esprimere quello che hanno dentro, perché le emozioni devono uscire. Le emozioni sono relative, possono essere buone o cattive ma dipende dal momento.
In Angola questo è un momento di cambiamento ma ancora c’è un “freno” alla libertà di espressione, ancora le cose non sono del tutto cambiate.
E’ un momento ancora difficile per chi vuole esprimersi. Una manifestazione espressiva molto forte non è accettata, i giovani non vogliono equilibrio, vogliono fare. Ma chi li vuole “equilibrare” deve capire che i giovani hanno bisogno di un sano equilibrio, altrimenti la rabbia esplode e non si veicola nel modo giusto.

Di cosa hanno bisogno i giovani angolani oggi?

I giovani devono passare attraverso una cura, una terapia. Siamo passati attraverso la colonizzazione, la guerra civile e ora sono solo dieci anni di pace. Come? Con una terapia che aiuti la mente. La terapia è come far passare la fame. Se non mangi ti senti debole. Un individuo che è debole nella mente resta debole anche nel corpo. E’ un momento in cui dovrebbero cominciare davvero a fare qualcosa per i giovani.

Se per un giorno potessi essere il Ministro della Cultura cosa faresti per aiutare i giovani attraverso l’arte?

Li aiuterei a prendere coscienza del malessere, direi alla gente di rendersi conto che c’è un male, che si sta male, che occorre vedere la realtà, che non si può nascondere tutto sotto un ombrello.
L’arte è qualcosa che è dappertutto, è un’espressione popolare, l’uomo è già un’opera d’arte, l’arte fa aprire la mente, fa delle proposte, ha la capacità di far ragionare. L’arte aiuta a comprendere il prossimo.


Muamby poi ci mostra un quadro che definisce come “la mia forma di esprimere la protesta per come Luanda sta cambiando”. Il quadro rappresenta un insieme di palazzi alti che non lasciano spazio al cielo e che danno “difficoltà di respirare” ai cittadini. Una città che sta perdendo la sua personalità per colpa di persone che non danno importanza all’arte, alla storia e alla cultura. Con questo quadro Muamby esprime la sua protesta, la sua raiva.

venerdì 1 marzo 2013

GOMA: APRIRE GLI OCCHI SULLA TRAGEDIA DEI RIFUGIATI



Ricevo e con grande piacere ospito nel mio blog sull'Africa questo accorato appello lanciato da alcuni colleghi giornalisti attivi sul campo a GOMA dove si sta consumando una immane tragedia umanitaria nell'indifferenza generale.

DICO BASTA AL SILENZIO DELLA STAMPA ITALIANA SU CIO' CHE "I POTERI FORTI DEL MONDO" FANNO ALL'AFRICA

Il comunicato che segue è di Andrea Dominici da GOMA

Goma: Repubblica Democratica del Congo dove mi trovo in questi giorni con i miei compagni di viaggio  Miriam  ed Enrico con cui stiamo lavorando al nostro progetto Kubunina.


A pochi km dalla città infuria una guerra terribile sponsorizzata dai poteri forti  del mondo…

I villaggi sono stati incendiati dai ribelli, donne e bambine violentate, uomini uccisi.

Tutto per avere il controllo dei giacimenti minerari, principalmente il Coltan che è colui che fa funzionare tutti i nostri smart phone  oltre che tantissimi altri apparecchi tecnologici: un business immenso e globale davanti al quale pare che la vita umana perda ogni valore.

Nelle provincie congolesi del Nord e Sud Kivu ci sono attualmente 1.700.000 rifugiati nei campi: persone scappate dai loro villaggi percorrendo centinaia di chilometri a piedi avendo perso tutto e con immagini di orrore nei loro occhi.


Il campo delle immagini è uno dei tanti, a pochi km da Goma, circa 15.000 persone senza nessuna assistenza, niente acqua, niente servizi igienici, niente vestiti, praticamente niente cibo da settimane.

La stagione delle piogge è cominciata e inizia a fare freddo.

Le persone che abbiamo incontrato nei campi vivono la loro terribile sofferenza con una dignità incredibile, ci hanno raccontato le loro storie drammatiche.

Dopo un po’ mancano anche le lacrime per piangere...

Tutto ciò di fronte all’indifferenza del mondo .

Andrea Dominici