mercoledì 21 novembre 2012

GOMA: l'attacco dei ribelli M23 nelle parole di un missionario


Repubblica Democratica del Congo
Regione dei grandi laghi

Comunicato di Don Piero Gavioli Direttore Salesiano di Goma Ngangi

La situazione a Goma, 19 novembre 2012, 23,10 

Sono di ritorno a Ngangi da stamattina, dopo aver passato cinque giorni a Kigali, dove ho partecipato, con 230 giovani della diocesi di Goma, all’incontro organizzato dalla comunità di Taizé e dalla Chiesa ruandese. Stamattina tutto era calmo, i negozi erano quasi tutti chiusi, idem le scuole, tutta la gente per strada, per aver notizie e sapere cosa fare. Poi ora, alle 14 e 45, sono iniziati gli spari. 
Ci sono scontri tra il gruppo di ribelli chiamati M23 e FARDC (Forze armate della RDC), a qualche km dal nostro Centro giovanile di Ngangi. Abbiamo aperto le porte a varie migliaia di profughi, arrivati da sabato scorso dal campo di Kanyaruchinya. Ufficialmente c'era un cessate il fuoco, ma non è durato. Ci sono tiri di fucile, e anche di mortaio o di cannone, i serbatoi di gasolio vicini all'aeroporto stanno bruciando. Perché? Non so fin dove arriverà la follia degli uomini.
I rifugiati sono sistemati nella nostra grande sala polivalente, nelle classi, in qualche tenda sul terreno di basket. Il governo vorrebbe che andassero tutti a Mugunga (un campo profughi all’altra estremità della città), ma è impossibile, e forse troppo tardi. La maggior parte dei rifugiati sono donne e bambini. La Monusco (Corpo militare delle Nazioni Unite) sta a guardare, in modo scandaloso.
Goma non è occupata, però il governo regionale si è ritirato ieri a Bukavu, c'è la polizia, i soldati ieri erano scappati - per mancanza o incoerenza di ordini - ma sono ritornati sulle loro posizioni ieri notte e ora hanno ripreso a battersi.
Abbiamo il necessario per vivere. Ma se, come stiamo facendo, diamo da mangiare ai profughi, fra poco non avremo più nulla neppure per i nostri interni. Abbiamo avuto acqua dal CICR, con qualche biscotto, e promessa di cibo da parte del PAM. Siamo sostenuti anche da War Child e NRC.
Il personale del Centro è al lavoro, presente e molto generoso, ha fatto il censimento dei nuclei famigliari dei profughi: ci sarebbero circa 2500 “famiglie”, con in media due bambini per famiglia, per un totale di 6 o 7 mila persone. Sono rimasti con noi tre volontari del VIS: Monica è in prima linea, per fortuna è qui con la sua esperienza, e Albino e Carmen con il loro savoir faire per l'acqua e per tutto.
Brutta notizia: stasera ci sono i primi due casi di colera.
Sabato scorso sera ho partecipato alla videoconferenza organizzata dal VIS. Ho detto che bisognerebbe accusare i paesi occidentali di delitto di non assistenza a migliaia di persone in pericolo. Oggi rinnovo l'accusa, anche se cade nel vuoto.
Sara, volontaria che era a Ngangi al momento della guerra del 2008, aggiunge (via Skype, da Haiti, dove si trova): Vanno accusati di non assistenza alla gente e di sostegno militare a tutti i gruppi per mantenere lo stato di disordine e continuare ad aproffitarne. Monica, presente ora a Ngangi, commenta: Nel 2008 non c’erano armi pesanti, non ci sono stati scambi di spari così a lungo. Stiamo andando verso la guerra.
Concludo: Di fronte alla follia degli uomini (al “sonno della ragione”), ci rifugiamo tra le mani del Signore. Sta deviando le pallotole perse: gli abitanti del nostro Centro di Ngangi sono tutti vivi, ieri notte è nato un bambino, figlio di una profuga. Pregate perché il Signore ci dia il coraggio di fare tutto quello che possiamo fare, per questi fratelli e sorelle disperati e rassegnati, per i bambini e i grandi che non capiscono perché.
Dalle 20,15 non si sentivano più spari. Hanno ricominciato alle 22 e 45, e continuano in questo momento.
Piero Gavioli, Ngangi, 19 novembre 2012, 21,30.

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