mercoledì 5 settembre 2012

Il futuro senza tempo dei meninos de rua



Sono passati cinque giorni dalle ultime elezioni generali in Angola. L'Mpla ha vinto e il presidente Dos Santos è rimasto al suo posto. Anche a Sambizanga nulla è cambiato. In questo barrio della capitale, Passos parla ai meninos de rua come lo farebbe un padre, un fratello, un amico o un educatore serio che ama il suo lavoro, proprio come lui. Usa le parole con quella calma che ha dentro la saggezza di tutta l'Africa e riesce a scansare ogni retorica. Racconta a trenta


ragazzini fra gli 8 e i 15 anni cosa vuol dire essere bambini. La chiama la "fase 1". Poi gli spiega i cambiamenti che avvengono nell'adolescenza, "la fase 2" e infine gli indica "la fase 3", quella dell'uomo maturo. Gli spiega che loro sono nella fase 2 ma che vivono come se stessero nella 3 da secoli pur avendo vissuto solo pochi anni. 

Passos gli dice che non è colpa loro. Che questo salto glielo fa fare la strada, quella che per loro è stata madre e padre, casa e rifugio, luogo/non luogo in cui perdersi. Perché ad essere meninos de rua un po' ci si perde, è evidente, lo capiscono anche loro che ci sono dentro ancora, o lo sono stati fino al giorno in cui hanno deciso di mettere piede a Casa Magone. Si tratta di una casa per bambini di strada messa su da un religioso, accanto a una cappella e a un campo da calcio, nel bel mezzo di un quartiere povero di Luanda. 


Passos parla e i meninos lo stanno a sentire. Qualcuno si sdraia sul banco, esausto, un altro si stringe lo stomaco con una mano, qualcuno guarda lontano, fuori dalle finestre, da dove arriva il suono della strada, il richiamo. 
Però lo stanno a sentire perché lui gli dice cosa diventeranno da grandi. Che grandi non lo sono adesso, anche se in molti hanno già fatto sesso o subito sesso e rubato e si sono drogati con la benzina e la colla e quello che offre il rione.  

Passos gli parla come se loro avessero un futuro davanti. Sembrano sorpresi. In strada si vive alla giornata. Cinque dollari, l'abbraccio di una puttana. Fra i dieci e i venti dollari, un letto dove dormire. Un pasto caldo ogni tanto, un cane che beve acqua di fogna. Il fango. Un uomo che ti si accosta e ti dice di seguirlo, proprio lì, dietro quella baracca. 

Un futuro fatto di pochi istanti, pochi minuti, un futuro che non ha tempo. Poi invece un giorno arriva questo ragazzo qui, Passos e gli dice che "da grandi" potranno fare un corso da meccanico, da stenografo, da infermiere, da operaio edile, se non addirittura fare Medicina e diventare dottore. Glielo dice così convinto che viene voglia di crederci e dai volti di quei bambini, forse è solo un'impressione, ma per un fugace attimo sembra sparire quell'espressione anziana, vissuta, quella smorfia che sembra marcarli a vita come randagi, come bambini perduti.


Il fenomeno dei meninos de rua è trasversale, attraversa Paesi con caratteristiche diverse e Pil che crescono zero, poco, molto, tantissimo. Ogni bambino ha la sua storia da raccontare, cosa che avviene assai raramente, ma le loro storie, una volta messe insieme, sembrano somigliarsi tutte. 

Famiglie numerose, dove l'ultimo che arriva è di troppo e così lo si "perde" o lo si caccia nascondendosi dietro a credenze magiche, legate al feticismo, alla superstizione. Famiglie violente, dove i genitori malmenano o si drogano o sono alcolisti. Famiglie non famiglie, ovvero figli di altri bambini di strada che partoriscono a pochi anni.

Il fatto è che comunque lo si voglia spiegare questo fenomeno c'è, loro ci sono, anche se hanno la tendenza a non farsi notare. Passos si occupa di meninos, ma non può bastare. E' una questione di coscienza, di cultura, di soldi e non solo, è una questione di volontà politica. Occorre riuscire a inquadrare costruttivamente e seriamente quei meninos senza età che percorrono chilometri di strade a piedi scalzi in Angola come in Brasile, in Turchia come in India, in SudAfrica come in Romania, nei propri piani di crescita/paese. A crescer mais e a distribuir melhor!


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