venerdì 30 dicembre 2011

2011 - L'anno degli indignati


Saluto con nostalgia il 2011, l’anno che passerà alla storia per l’ondata d’indignazione e protesta che l’ha attraversato da gennaio a dicembre, da nord a sud, da est a ovest. Dalla Tunisia di Mohammed Bouaziz, che si è dato fuoco accendendo a sua insaputa una miccia che non si è ancora spenta, alle strade di Wall Street, il mondo è stato scosso da chi si è sentito stanco di soprusi e ingiustizie di ogni genere.
Anche in Angola c’è chi è stanco.
Da gennaio 2011 a oggi Luanda ha registrato sei manifestazioni di protesta. I manifestanti però sono pochi e male organizzati. L’ultima protesta è del 3 dicembre, ma non si sono viste in piazza più di cento persone. 
Secondo alcuni analisti locali la mancanza di seguito è dovuta a varie ragioni. 
Per il giornalista Carlos Severinos di Africa 21 i motivi sono “dirsi rivoluzionari senza saper indicare un leader o un partito di riferimento”. Inoltre in molti concordano che l’Angola, dopo 36 anni dall’indipendenza, durante i quali ne ha vissuti 27 di guerra e solo 9 di pace, abbinano il concetto di “rivoluzionario” con quello di “instabilità”, “confusione” e “guerra”.

Visto inoltre che nel terzo trimestre del 2012 sono state indette elezioni generali, molti angolani dei partiti di opposizione si domandano “che legittimità hanno queste persone per esigere l’uscita del presidente?”. “Se non sono d’accordo con lui si organizzassero per votare contro il suo partito, l’MPLA nelle prossime elezioni”. 

giovedì 29 dicembre 2011

La Ihla di Luanda fra sacro e profano


Luanda - 29 DIC. Liduina è in Angola dal 1967. Riccardina e Cecilia invece fanno fatica a ricordarselo da quanto ci stanno. Cecilia però si ricorda bene delle tre volte in cui “ho rischiato di morire ma Dio mi ha assistito”. La prima volta deve esserle capitato durante la guerra d’Indipenza conclusa nel 1975 con la cacciata dei Portoghesi. La seconda e la terza durante la sanguinosa guerra civile scoppiata di li a poco fra due fazioni di angolani. Cecilia quando lo racconta guarda un punto fra lei e lo spazio che ci divide, qualcosa che io non vedo, ma lei si, mentre mi rimanda a un prossimo appuntamento i dettagli di questa storia.
Liduina, Cecilia, Riccardina, sono suore. Le suore salesie, della Casa Generalizia di San Francesco di Sales che in Angola ha 8 sedi fra cui una scuola a Viana, un sobborgo della capitale che negli anni della guerra civile ha accolto migliaia di profughi. Hanno anche un centro medico dove assistono “bambini denutriti”. Sembra incredibile, ma nella Luanda che esplode di petrodollari ci sono ancora bambini malnutriti. Le suore gli danno latte in polvere e preparati energetici.
Liduina l’ho trovata per caso, bussando al cancello celeste che si trova alle spalle della Igreja da Nossa Senhora do Cabo, a metà della Ihla, la striscia di terra che separa la baia di Luanda dall’Oceano Atlantico. Qui nel 1575 è approdato per la prima volta un portoghese, Paolo Dias de Novais, un esploratore inviato dall’allora re del Portogallo per fondare una colonia in Angola. La Chiesetta bianca e celeste in stile portoghese è stata costruita nel 1669 sulle rovine della piccola cappella che De Novais fece costruire per i pescatori e gli avventurieri che passavano di lì. 
Stretta fra i locali della movida angolana e le favelas che si estendono fin dentro la pensiola, quella chiesetta sta immota e lucente come tanti altri luoghi di culto nel mondo a ricordare a chi passa e sceglie di vederla, anche solo per un istante, che la vita è un dono meraviglioso. 

domenica 25 dicembre 2011

Natale al ritmo dei bonghi


Luanda - 25 DIC. Pregare con il corpo e non solo con l’anima. Muoversi al ritmo dei bonghi, battendo le mani e levando cori di giubilo da condividere con il ministro del culto. Questa è la Messa in Angola. Questa è la Messa in Africa.
Musica, ballo, allegria, movimento, gioia condivisa per se stessi e per gli altri. Gioia per essere al mondo e forse anche per essere ancora vivi, in quel momento preciso, in quell’istante di culto.
E’ così che il Natale oggi è arrivato a Luanda. Accompagnato dai corpi perfetti e flessuosi dei fedeli. Portato dal sole, dalla terra rossa, dai bambini con le scarpe nuove, che fanno male, mentre si avviano dalle baracche alla Chiesa. 

lunedì 19 dicembre 2011

L'aquila del Bonelli e i pescatori di Barra de Kuwanza


Barra de Kwanza - 19 DIC. Luanda non è solo la città più cara del mondo. Questo è quanto pubblica la stampa internazionale sulla capitale dell'Angola dove un etto di pinoli costa 24 dollari, mezzo chilo di pasta 5 e un chilo di salmone 30. Luanda è anche la città del pesce o almeno lo sono i suoi dintorni. Così se in città il pesce spesso non è fresco e costa caro, è anche vero che se si va alla fonte a comprarlo, costa 3 euro al chilo e regala un'esperienza senza prezzo. Nulla può paragonarsi all'emozione di attendere le barche in spiaggia insieme alle mogli dei pescatori, girovagando fra le loro capanne di paglia, giocando con i loro bambini e dividendosi con loro biscotti e gazzose. 
Nell'Angola in cerca di un posto al sole fra i ricchi del continente può sembrare incredibile ma c'è ancora chi vive di pesca, manghi e voli di splendidi volatili. Tanto per fare un esempio, quattro coppie di ormai rare aquile del Bonelli.  Sono pronte a fare compagnia a chiunque abbia voglia di avventurarsi sulle spiagge a Sud di Barra de Kwanza. Si divertono a volare dai dirupi erosi dalla pioggia fino al bagnasciuga, sopra le teste dei rari estasiati passanti. 

Per chi non lo sapesse l'aquila del Bonelli fu chiamata così in onore di un celebre naturalista italiano del secolo scorso. Lunga circa settanta centimetri, ha un'apertura alare di 1,70 metri.  E' più agile delle altre aquile. La parte superiore del suo corpo e le ali sono di colore bruno scuro, mentre le parti inferiori sono bianche striate di nero. Vive nell'Africa a sud del Sahara, dalla Somalia all'Angola e quando la si guarda volare è un vero incanto.

sabato 17 dicembre 2011

La Capela de Casa Grande di Luanda come l’isola di Goré in Senegal: i punti di raccolta degli schiavi


 Luanda – 17 DIC. Fra il 1500 e il 1870 il 37% degli africani trasportati in Nord America come schiavi erano angolani. Visto dall’Africa questo sporco commercio appare ancora più inaccettabile di quanto non lo sia letto sui libri di storia.
Pochi chilometri a Sud di Luanda, sul Morro da Cruz, di fronte alla penisola di Mussulo, si erge un’antica palazzina bianca, la Capela de Casa Grande, costruita nel 17simo secolo.
E’ una modesta costruzione che oggi ospita il Museo degli Schiavi. Due stanze spoglie. Dentro qualche foto e disegno dell’epoca, una catena, un peso da applicare ai piedi per impedire allo schiavo di fuggire. Fuori un cannone portoghese, un battistero in pietra, una vista sull’Oceano Atlantico che  al tramonto lascia senza fiato.
Questo è l’esatto punto in cui venivano imbarcati migliaia di uomini e donne destinati per lo più alle piantagioni brasiliane e nordamericane fino al 1858, anno in cui il commercio degli schiavi è stato abolito in Angola.
E’ la seconda volta nella mia vita in cui mi ritrovo in un punto di raccolta degli schiavi. La prima è stata in Senegal, sull’isola di Goré, di fronte a Dakar.
La sensazione è sempre la stessa. Luoghi che dovrebbero essere ricordati con tanto di monumenti e targhe, per non dimenticare lo scempio del passato, come monito perché il futuro non riservi al mondo altre vergogne simili, stanno invece lì, in modo modesto, dimesso, quasi nascosto.
Cos’è che impedisce al mondo di fare di quei luoghi un punto di riferimento,  di pellegrinaggio, di scoperta? La vergogna? 
Forse la vergogna di tutti. Quella dei discendenti degli schiavisti per lo sporco traffico in cu si sono invischiati. Quella degli schiavizzati per l’incapacità di opporsi con la dovuta forza a un destino che non era scritto da nessuna parte dovesse essere quello.

mercoledì 14 dicembre 2011

La voce della stampa in Angola

Luanda - 15 DIC. Se in Libia la libertà di stampa fino al 17 marzo 2011, data dell'avvio della missione Nato, era un'eresia, in Angola è motivo di dibattito pubblico. Se ne è parlato nella Conferenza su "Il diritto del cittadino alla partecipazione nella vita pubblica", svoltosi a Luanda questa settimana.
In Libia era  vietato anche solo pronunciare la parola "libertà" associata a stampa, in Angola è diverso. Qui si organizzano convegni sulla "libertade de imprensa" e la stampa, on line e cartacea, riporta le considerazioni di giornalisti, come Ismael Mateus che, con tanto di foto sul giornale, afferma "siamo lontani dall'aver raggiunto un livello soddisfacente di libertà". Secondo Mateus la libertà di stampa presuppone il diritto dei cittadini ad essere informati e non solo quello del giornalista ad informare liberamente.  
L'incontro sulla libertà di stampa, pacato nei toni pubblici, ha poi suscitato un vespaio on line, dove cittadini anonimi che si firmano "za za" o "zuca com orguglho", scagliano anatemi contro quella che definiscono una "dittatura". Altri scrivono "amicizia, fraternità, libertà?" seguito da un "ah aha ah ah ah aha ah!!!", una grande bella ricca risata.
Rimane da considerare la presenza di una stampa attiva, vivace e a volte anche molto critica.

martedì 13 dicembre 2011

Shopping natalizio a Luanda Sul

Luanda - 13 DIC. Il display della macchina segna 33 gradi. Cielo coperto. Umidità. Terra rossa. Palazzi in costruzione. Uomini e donne in cammino fra i cantieri. Le pulitrici delle strade all'opera con le loro scopette. Le cambia-dollari in kwuanza appostate agli angoli delle strade. I "punti di ristoro" sotto agli alberi, fra un cumulo di immondizia e una cascata di cemento, con le donne e i loro pentoloni ammaccati pronti per servire la "sopa" o il panino con lo stufato. Tutto regolare, come ogni giorno, tranne che oggi per strada, oltre a qualsiasi cosa vi venga in mente, si vende anche il Natale. Così, per non farmi mancare l'atmosfera natalizia do il via allo "shopping-finestrino". Se non sapete cosa sia occorre una premessa.
A Luanda non si compra nei negozi. Se hai bisogno di un orologio da parete o di una panca da palestra per i pesi, di un tappeto o di un copri-volante, di un mobile bagno o di una divisa per l'empregada o il motorista, sempre che tu sia ricco abbastanza da pagargli gli stipendi, non hai che da metterti in macchina e restarci. Si perchè a Luanda "as compras" si fanno così, dal finestrino dell'automobile. Così oggi che il Natale si avvicina per strada si vendono bambole cinesi, ovvero "made in china", alberelli finti, lucine a intermittenza, palle colorate, cappellini di Babbo Natale. Faccio man bassa fra la Sambra e l'autostrada per Viana e me ne torno a casa. Certo non è proprio come lo shopping a Via Frattina o a Via della Spiga, ma forse quest'anno anche in Italia "as compras", se si faranno, sarà per strada!