giovedì 30 agosto 2012

Angola: al voto per la terza volta fra speranza e rassegnazione

Un poster dell'Mpla con Josè Eduardo Dos Santos

Il 31 agosto del 2012 per gli angolani, la cui indipendenza dal Portogallo è stata dichiarata nel 1975, sarà un altro di quei giorni che passerà alla storia. In più di nove milioni, su una popolazione di circa 17, andranno a votare in uno dei 10.349 seggi elettorali predisposti nelle aule scolastiche di altrettante scuole angolane. E' dal 5 di agosto infatti che i bambini di questo Paese non vanno a scuola per permettere al governo di organizzare le sue terze elezioni legislative. 

La prima tornata elettorale risale al 1992, quando alle legislative si abbinarono le elezioni presidenziali. In quell'occasione l'Mpla prese il 53% dei voti e l'Unita il 34, mentre le presidenziali incoronarono Josè Eduardo Dos Santos dell'Mpla come capo di stato con il 49% delle preferenze, contro il 43% del rivale di sempre, Jonas Savimbi dell'Unita. 

La seconda chiamata alle urne gli angolani l'hanno avuta nel 2008 quando ancora una volta, con numeri da "elezioni bulgare", l'Mpla ottenne l'82% delle preferenze. All'Unita non restò che un misero 10%.

Il 31 agosto 2012, dalle 7 alle 18.00, si torna alle urne e a seguito di una riforma costituzionale introdotta nel 2010, non si avranno contemporanee elezioni presidenziali, che sono state abolite. Come recita la nuova legge "il candidato che si trova al primo posto nella lista elettorale che ottiene la maggioranza dei voti sarà automaticamente eletto presidente". Non a caso Eduardo Dos Santos è capolista dell'Mpla. 

Sono 5 i partiti politici che corrono in queste elezioni: l'Mpla (Movimento popolare per la liberazione dell'Angola), l'Unita (Unione Nazionale per l'Indipendenza totale dell'Angola), l'Fnla (Fronte nazionale per la liberazione dell'Angola), il Cpo (consiglio consultivo per l'opposizione politica) e il Papod (Partito popolare per lo sviluppo) e 4 le coalizioni: Fuma (Fronte unito per il cambiamento dell'Angola), Prs (Partito del rinnovamento sociale), Casa-ce (Convergenza ampia per la salvezza dell'Angola) e Nd (Nuova democrazia). 

Candidati alla presidenza in quanto capolista delle rispettive formazioni politiche sono: Isaias Samakuva (Unita), Josè Eduardo Dos Santos (Mpla), Lucas Ngonda (Fnla), Eduardo Kuangana (Prs), Quintino Moreira (Nd), Antonio Muachicungo (Fuma), Anastacio Joao Finda (Cpo), Artur Quixona Finda (Papod), Abel Chivukuvuku (Casa-ce).

Sono nove i pretendenti al posto di presidente ma la battaglia (forse per gli altri già persa) si gioca fra l'onnipresente Josè Eduardo, detto Ze Dù e i due leader dell'Unita, Isaias Samakuva e Abel Chivukuvuku, fuoriscito dal partito di recente per creare Casa-ce, formazione che si proclama nuova e democratica, sola alternativa - insiste Chivukuvuku - credibile allo strapotere dell'Mpla. Un potere che affonda le sue radici negli ultimi dieci anni di vita di questo Paese, gli unici trascorsi in pace dopo una massacrante guerra civile iniziata nel luglio 1975.  

Nella guerra entrarono in campo contrasti etnici e interni e forze straniere interessate alle risorse locali, petrolio e diamanti. L'Mpla, movimento marxista-leninista, che organizzò una sorta di dittatura mono-partitica, al tempo appoggiata da Cuba e dall'Urss e l'Unita, di risposta, sostenuta dagli Stati Uniti e dal vicino Sudafrica, ingaggiarono una lotta senza esclusione di colpi. Il conflitto, iniziato nel novembre del 1975 con l'invasione dell'Angola da parte del Sudafrica dell'apartheid, vide l'intervento di migliaia di soldati cubani e si protrasse per anni, decimando la popolazione. Si giunse infine alla firma di un accordo di pace siglato nel dicembre del 1988 a New York. 

Nel 1991 le truppe straniere si ritirarono e nel 1992  si tennero le prime elezioni presidenziali che, come detto, videro la vittoria del MPLA. Josè Eduardo Dos Santos, successo ad Agostino Neto nel 1979 alla guida del Paese, fu confermato nella carica, la cosa non piacque all'Unita di Savimbi e il paese rientrò in una nuova fase di guerra civile. 

Intanto Dos Santos in politica interna rimodernò le istituzioni, si scrollò di dosso i metodi marxisti e in politica estera si alleò con Stati Uniti, Gran Bretagna e Portogallo. L'Unita disorientata andò allo sbando mentre morivano in guerra più di 1 milione e mezzo di angolani, dilaniati anche da molti milioni di mine. La guerra finì definitivamente solo con la morte di Savimbi nel 2002.

Da allora è stata solo crescita. Una crescita esponenziale che ha portato il Paese ad avere un aumento del Pil del 12% l'anno, a produrre 2 milioni di barili di petrolio al giorno, a estinguere il suo debito con il club di Parigi, a fare della Cina il suo miglior partner commerciale, a diventare il 4' produttore mondiale di diamanti e tanto altro. 


La nuova Marginal di Luanda 
Questa immensa crescita è la migliore campagna elettorale per l'Mpla che fra le altre cose non l'ha fatta passare inosservata. Televisioni, giornali, radio, pubblicità stradale non hanno fatto altro in questi ultimi mesi che raccontare le inaugurazioni di infrastrutture ad opera del governo e con la presenza di Dos Santos.

Non si può negare, questa è l'Angola, o almeno ne è un aspetto, il più scintillante, quello che attira la fiducia e i capitali stranieri, quella che porta voti e da privilegi. 

C'è però un'altra Angola. Una Angola che non produce più agricoltura e che si basa tutta su petrolio e diamanti, una Angola con l'87% della popolazione sotto la soglia della povertà (dati Undp), un Paese con un tasso di analfabetismo che tocca il 56% della popolazione.

Questa è l'Angola del fango, delle case di paglia, delle fogne a cielo aperto, delle taniche per trasportare l'acqua, delle candele per fare luce, delle scuole sovraffollate, degli ospedali davanti ai quali si resta a dormire sui marciapiedi in attesa di un ricovero che non arriva se non a pagamento o con qualche spintarella.


Questa Angola non piace, non ha diritto a essere raccontata, tutti fingono che non ci sia, che si tratti di una "malelingua" oppure, se ci si accorge che c'è, la si classifica come un incidente momentaneo, un errore del sistema altrimenti perfetto. Un sistema che privilegia le grandi infrastrutture e che ha lasciato indietro lo sviluppo di una adeguata rete idrica, elettrica, fognaria, come di un accettabile sistema sanitario e scolastico. Sono cose che poco importano a chi vive in ville miliardarie, si muove con macchine di lusso, studia privatamente si fa curare all'estero. 

E' difficile fare passi verso il cambiamento, verso il nuovo che è sempre ignoto. Questo nuovo angolano poi ignoto lo è davvero perchè se almeno in campagna elettorale ciò che è nuovo avesse avuto spazio sui media forse se ne saprebbe qualcosa. Invece questo spazio non c'è stato. Ovunque e dovunque campeggiava un solo volto e un solo colore, quello di chi già comanda.

Qui domani si vota e anche se capisco che non è facile fare salti nel buio quando alle spalle si hanno solo dieci anni di luce, suggerisco agli amici angolani  un piccolo ma significativo gesto, una x su uno dei 9 contendenti che fino ad oggi non ha avuto voce, almeno per dire che si può governare (e farlo più democraticamente) anche se non si raggiunge l'87% dei voti. 





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